Una volta conosciuti è impossibile non amare i Chap, soprattutto dopo i concertoni che tutti abbiamo visto il mese scorso. Ora sono tornati con il loro quinto album, We Are Nobody, che fa il verso al recente best of dall’altrettanto ironico titolo We Are The Best, che celebra una carriera decennale di genialità e di continuo scarso riconoscimento da parte del grande pubblico. Perché The Chap devono rimanere un fenomeno di nicchia e un fenomeno di cui innamorarsi perdutamente.

Alla quinta prova terminano la parabola della loro “poppizzazione” iniziata con lo scorso disco Well Done Europe: con We Are Nobody siamo di fronte a un album indubbiamente pop, dove la loro geniale cacofonia ha fatto posto alla quasi esclusiva orecchiabilità. Un’evoluzione che potrebbe far storcere il naso ai più affezionati, perché i Chap sono una di quelle band da voler sempre uguai a se stesse. Sopravvivono invece i loro ritornelloni: What Did We Do, We Are Nobody, Hands Free e diverse altre canzoni dell’album le avevo già sentite dal vivo un mesetto fa e al primo ascolto dell’album era stupefacente come fossero riuscite a entrare in testa malgrado un solo ascolto dal vivo.

Sono brutti, sono vecchi, sono fuori moda, utilizzano l’indie rock come mezzo della loro comicità. E hanno un preservativo con gli occhi in copertina.