Col sentore di potermi ritrovare un altro album dream pop tra le mani, mi sono letteralmente fiondato su The Echo Show come nemmeno Cecchi Gori sullo “zafferano” o Lapo sulle rotaie del tram con l’auto. È la stagione del dream pop, è il momento perfetto, è l’equinozio dell’intangibile, è il tempo delle mele eteree, ma non divaghiamo che stavo già per perdere il filo.

Secondo album per il duo francese Yeti Lane, questo è un disco abbastanza buono; specifichiamolo, non c’è nulla di sbagliato o così fastidioso, ma è un album molto particolare, che unisce elementi di rock psichedelico prossimo allo shoegaze ad elementi dream pop indietronic. Un casino, lo so. Troviamo tredici tracce (quattro dalla durata inferiore o prossima al minuto) diversissime tra loro: ti capita di pensare che sia partito per sbaglio la selezione casuale di iTunes e sia cambiato l’artista in riproduzione. Invece no, son sempre loro a proporti tenacemente, canzone dopo canzone, un altro pezzettino del loro vasto repertorio, un assaggio di qualcosa di nuovo o comunque di tanto diverso da ciò che hai appena ascoltato.
Sperimentano, spaziano tra i vari generi, alzano e abbassano il ritmo dell’album con maestria, e alla fine gli Yeti Lane tirano fuori un album tutto sommato buono, con due tracce assolutamente da ascoltare as soon as possible, cioè Analog wheel e The echo show. In Analog wheel ci son quasi parti post-rock. Non lo so, è che io non ci capisco una sega di musica, quindi trovandomi sparati nelle orecchie tutti ‘sti elementi postrockshoegazelofiindietronickindiepop un po’ m’è venuta la labirintite.
Alla fine della fiera, non ho ancora ben capito se si tratti o meno di un album dream pop, ergo per ora non posso dirvi quanto sia relevant, ma ascoltatelo, non ve ne pentirete.