Dirty Three: un violino, una chitarra, una batteria e parliamo degli anni ’90, nel pieno scorrere del post-rock.

Il trio sfornò due lavori relativamente godibili, l’omonimo Dirty Three, 1995 e Horse Stories, 1996, entrambi sotto Touch and Go Records, più una simpatica collaborazione coi Low per il progetto In The Fishtank, nel 2001.
Ok ascoltate quei due dischi, sono carini, scorrono, impostano un discorso e lo mantengono con forza e chiarezza.
Non andate oltre, la restante produzione è sconclusionata e disordinata, manca di vigore e di freschezza.
Cinder, 2005, è addirittura imbarazzante.
Toward the Low Sun cerca di riprendere le idee dei primi dischi (a 7 anni dal tracollo) cercando di impastare goffamente suoni più compatti e rotondi con delle frasi melodiche da Iron and Wine.
Il risultato è paragonabile a una colonna sonora di un film di Muccino, quello con la lisca.
Ce l’hanno tutti e due? Non so.
In conclusione il disco annoia, il fuori-tempo che propongono da 12 anni ormai ha davvero stancato anche l’orecchio più illuminato.
Dovevate fermarvi a Ocean Songs.