Nome fico, artwork oldskool, 5 pezzi, titoli accattivanti.

Mi preparo spiritualmente a un normalissimo disco stoner/sludge, con quei suoni pastosi e pesanti.
Quale errore, giovane Padawan.
Cold Winter Blues, primo pezzo: chitarra estremamente definita, un grande attacco, il riverbero, una sapiente gestione dei volumi e della spazialità del complesso.
Il 4 del charleston, urlacci a caso e nello spazio di tempo necessario a pensare “Oh cazzo questo è un discone!”, il trio diventa una mandria di bufali al galoppo.
Senza che nemmeno me ne accorga l’album scivola via, tra King Clone, probabilmente il pezzo più maturo e El Doctor dal sapore davvero desertico (il bridge/solo/BREAKDOWN/outro è qualcosa di pazzesco).
I 27 minuti passano in un soffio, tra destrezze chitarristiche di notevolissimo livello ritmico-melodico, una batteria bisontica e il basso potente, preciso e pastoso, groovy fino al midollo: fantasiose e fresche idee ritmiche fanno rotolare senza alcun impaccio il tutto.
Pur rimanendo nella migliore logica lo-fi e valvolar-homemade, (il disco è stato registrato completamente in UN giorno con attrezzature “casalinghe”) il saggio trio ha optato per una scelta di suoni e di geometrie orecchiabili anche ad un orecchio profano, senza nulla togliere alla spontaneità e alla genuinità innegabile del lavoro.
Notevolissimo il bridge di King Clone, roba da esser scritta nei libri di storia musicale alla voce “ecco bambini come si suona una chitarra elettrica”.

Questi ragazzi meritano assolutamente un ascolto profondo e ragionato: disco consigliatissimo, chiunque potrà trovarci dei punti positivi.